Conoscere se stessi, conoscere gli altri

Una delle cose più importanti della crescita è: imparare. Il processo dell’imparare ci porta a un risultato che è: conoscere. 

Oltre a conoscere innumerevoli aspetti della vita in cui siamo immersi, abbiamo l’esigenza di conoscere di più noi stessi.  

Perché la conoscenza di noi stessi è molto speciale? Perché possiamo conoscere gli altri nel grado in cui conosciamo se stessi. Non è un modo di dire poetico. La conoscenza di se stessi è lo strumento attraverso il quale possiamo percepire l’altro. Una persona daltonica vede solo i colori per cui è predisposta e risulta incapace di vedere (capire) altri colori. Dal suo punto di vista gli altri colori non esistono, sono una fantasia, un’invenzione degli altri. Per lei sono reali e veri solo quelli che lei è capace di percepire con i suoi occhi e il suo cervello. 

La conoscenza di se stessi può essere paragonata agli “occhi” con i quali è possibile vedere gli altri. La domanda cruciale da porsi perciò è: gli occhi sono aperti, sono chiusi o solo socchiusi? Quanti colori vedono i miei occhi? Ciò che vedo corrisponde a come gli altri realmente sono? Gli altri si sentono visti-compresi da me? 

Una semplice analisi delle relazioni rivela presto se nelle nostre relazioni siamo “daltonici” oppure no. Ognuno di noi deve prima o poi porsi queste domande. Per quanto uno conosca se stesso la vita chiede di migliorare la conoscenza di se stessi e tramite essa migliorare la visione-comprensione degli altri.

La conoscenza di se stessi è molto speciale anche per un altro effetto. Noi ci conosciamo già, ma possiamo conoscerci di più! 

Molto spesso quando conosciamo una cosa, non è poi necessario o possibile conoscerla ulteriormente. 

Per esempio, quando impariamo l’alfabeto, poi questo diventa un sapere acquisito, il ciclo di apprendimento si conclude; possiamo proseguire studiando altre cose come la grammatica e la letteratura. 

Nel conoscere noi stessi abbiamo, invece, un’esperienza diversa: sia ci conosciamo già, sia possiamo conoscerci di più. Conoscendoci di più noi evolviamo la percezione di chi siamo, che cosa siamo e perché siamo. 

Noi siamo naturalmente orientati con un’attenzione estroflessa cioè guardiamo qualcosa di diverso e al di fuori da noi stessi. Infatti impariamo a conoscere moltissime cose che ci circondano. La conoscenza di sé avviene quando rivolgiamo la nostra attenzione verso noi stessi. Invece di estroflettere verso altro da sé, l’attenzione viene incanalata su di sé. La conoscenza di sé non può avvenire se priva di questa attenzione particolare. Il Sé, non è un oggetto esterno. É la fonte dalla quale scaturisce l’attenzione.   

L’attenzione che è capace di vedere “chi ha attenzione” è un’attenzione molto particolare affatto semplice da sviluppare. È relativamente facile tenere l’attenzione su qualcosa di diverso ed esterno a sé, come ad esempio un gatto. Diversa è l’abilità necessaria a tenere l’attenzione su “chi” vede il gatto. La qualità dell’attenzione è la stessa ma deve essere accompagnata da un’abilità nuova che le permetta l’introversione sul soggetto dell’esperienza. 

Insegnare all’attenzione a introvertirsi non è automatico, ma se viene fatta in età formativa, con i giusti strumenti, non è per nulla difficile da imparare. Gli studenti della Scuola delle Abilità, sin dalla prima classe sperimentano questa abilità, che diventa essenziale nel settimo anno di formazione dedicato a emergere. Allora portare l’attenzione su di sé  risulta possibile perché l’abilità è stata sviluppata in modo graduale e costante nel tempo. Seguendo un percorso con l’uso degli esercizi di comunicazione tra pari, i ragazzi imparano a conoscere se stessi. L’indagine del soggetto delle esperienze è molto particolare, unica nel suo genere. Non c’è bisogno di alcuna informazione o suggerimento esterni. Gli studenti acquisiscono tutta l’informazione di se stessi in modo diretto, immediato e autonomo. Anche la conoscenza di se stessi possiede caratteristiche singolari. Appare auto-referente e auto-evidente, completa e bastante a se stessa. La conoscenza di se stessi che emerge in questo modo è fonte di autostima e valore a prescindere dalle considerazioni o dai giudizi degli altri. Spesso non si tratta neanche di informazione, ma di maggiore intensità, durata e purezza della presenza consapevole che conferisce alla persona una maggiore solidità o centratura nel “qui e ora” di ogni attimo. Una volta acquisito lo strumento d’indagine sono gli studenti stessi che scoprono la loro natura. L’abilità portante per questa indagine su se stessi è l’attenzione. Si tratta di un percorso che prima educa l’attenzione rendendola intensa, ferma e pura e poi la guida verso se stessi. Ciò rende le persone capaci di scoprire le loro eccellenze e di emergere. Sull’attenzione esistono bellissime citazioni di grandi persone in quanto da sempre è stata considerata strumento nobile di conoscenza. Una in particolare richiama la mia curiosità: “Il guardare una cosa è ben diverso dal vederla. Non si vede una cosa finché non se ne vede la bellezza” soleva dire Oscar Wilde. Io aggiungerei che per “vedere” veramente una cosa sia necessario anche amarla. La bellezza è già una forma di amore e l’amore rende belle tutte le cose. L’attenzione su se stessi va perciò intesa come strumento per la conquista della bellezza e dell’amore per sé e per la vita. 

 

Corso di studio Abilità di Relazione

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