La positività e la negatività sono due poli opposti presenti nella vita di ogni persona. In origine questa oscillazione viene provocata dal positivo e dal negativo che si riceve dagli altri. Successivamente, nella storia formativa di una persona si inizia ad originare autonomamente una risposta variabilmente positiva o negativa verso gli eventi, gli altri e la vita a prescindere dagli stimoli esterni che riceviamo.
Su queste forze in gioco si sviluppano molte dinamiche interessanti di cui spesso non siamo consapevoli, e si affermano così logiche e strategie non sempre funzionali alla crescita della persona. Ad esempio si ritiene legittimo rispondere in modo negativo a chi interagisce in modo negativo. È molto affermata anche la strategia negativa-aggressiva-lesiva per vincere nella competizione, non dissimile da quella del pugile che sale sul ring per affrontare non un avversario con cui compete per la vittoria, ma un nemico da abbattere, da distruggere-uccidere. Ovviamente sul ring della vita si colpisce con gli atteggiamenti, i giudizi, i sentimenti, le azioni o con l’astenersi dall’agire.
Essere negativi perché siamo stati colpiti da un’espressione negativa di altri, è la naturale conseguenza tra causa ed effetto. Tuttavia rispondere o agire in modo negativo per difendersi, per ottenere un risultato, un successo o una vittoria è un pessima strategia.
Sì, lo possiamo confermare: con la negatività possiamo ottenere un risultato, anche una vittoria sull’altro, ma non un successo esistenziale. La vittoria ottenuta con il negativo è una falsa vittoria che può ingannare tutti, ma non se stessi.
La vittoria ottenuta usando il positivo è direttamente proporzionale al senso e al valore che conferiamo alla nostra vita. La vittoria ottenuta usando il negativo è inversamente proporzionale al senso e al valore che diamo alla nostra vita.
Con i valori colpiti e il senso sporcato e disgregato da una visione e da un’azione negativa-lesiva, la felicità evapora come i sogni dopo il risveglio.
Siamo variabilmente capaci di essere in uno stato o nell’altro con una gamma straordinaria di gradienti: infinite sfumature di positivo o di negativo, spesso mescolati tra loro.
Esistono poi categorie di esperienze molto particolari dove è possibile riconoscere il positivo in un’esperienza negativa, e riconoscere il negativo in un’esperienza positiva. Il positivo e il negativo sono altamente soggettivi e spesso del tutto arbitrari: ciò che per qualcuno può apparire in un modo, potrebbe essere completamente l’opposto per un altro.
Il positivo e il negativo sono determinati da sensazioni e sentimenti propri, ma soprattutto vengono definiti dalle credenze, dai punti di vista, dalle identità, dalle opinioni degli altri e dall’interpretazione che ognuno può dare al senso e al valore della propria vita.
Se positivo e negativo è uno spettro ampio di risposta che l’umano può dare agli altri e alla vita, perché si tende allora a collocarsi in un’area privilegiata e prevalente, mettendo in secondo piano tutto il resto dello spettro?
Intervengono diversi fattori: molto dipende dalle risposte che abbiamo visto dare agli altri dalle nostre figure di riferimento, mamma e papà in primis; dalle risposte che la società tollera o considera vincente; o ancora come gli altri riescono ad ottenere ciò che cercano, diventando per noi dei modelli da seguire.
“Il dilemma del prigioniero” nella Teoria dei Giochi spiega ampiamente la strategia che si sviluppa in queste dinamiche competitive: la società umana, in modo simile a un corpo vivente, si struttura con meccanismi e dinamiche che emergono come conseguenza della competizione interna, intra-specie. Sono dunque le relazioni a suggerire in quale range dello spettro positivo-negativo collocarsi.
I meccanismi, in quanto risposte automatiche, non sono mai adeguati alla complessità della vita né all’altezza dei bisogni delle relazioni: noi non siamo solo un corpo che sopravvive a tutti i costi, ma individui consapevoli di sé e degli altri. Questo elemento porta una straordinaria differenza nel paradigma della vita e trasforma l’uso che possiamo fare del positivo-negativo.
Se in una persona domina “sopravvivere” e “vincere l’altro” (il primo è il programma imperativo del corpo e il secondo l’hardware della mente), sarà la negatività ad essere dominante: se il mondo appare ostile e l’altro è il nostro nemico, il conflitto è la risposta vincente.
Se invece in una persona domina il valore della relazione perché è consapevole dell’altro, se domina l’autostima e il riconoscimento reciproco, si realizzeranno spontaneamente la collaborazione e i fini condivisi creando un polo positivo dominante, dove le persone non si useranno vicendevolmente per ottenere qualcosa a loro insaputa.
Se il positivo e il negativo sono l’effetto emergente di una complessità sottostante, quali sono gli elementi che concorrono ad esserne la causa?
La ricerca ha fatto chiarezza su questi elementi, donandoci le chiavi per aprire porte che prima rimanevano inesorabilmente chiuse: esiste un positivo e un negativo del corpo fisico, appartenente alla dimensione biologica. Ogniqualvolta usiamo lo stimolo doloroso sul corpo o la privazione di un bisogno fisico in età formativa come strumento coercitivo-educativo, spostiamo la persona sulla scala positivo-negativo verso una visione negativa-ostile della vita, e una risposta negativa-nemica verso gli altri.
In egual modo sul piano della mente: ogni volta che per educare si usano modelli, meccanismi o modi di essere fondati su giudizi e credenze che forzano o negano le persone inducendole a credere che così come sono non vanno bene, e per andare bene devono essere diverse da se stesse, si sposta la persona sul lato oscuro della vita in cui il negativo domina e gli altri sono sempre un pericolo.
Il corpo e la mente sono gestite da una categoria particolare di esperienze, denominate di differenza: per gestire le esperienze in cui interagiscono condizioni di separazione, di differenza e di divergenza, ad esempio io-altro, questo-quello, qui e lì, voglio non voglio, si-no…ecc., sono richieste abilità di relazione importanti. Senza queste abilità di relazione le esperienze di differenza del corpo e della mente, con altri corpi e altri menti, diventano conflittuali trascinando le persone nella parte negativa della scala dell’espressione.
Con le abilità di relazione sufficienti, le esperienze di differenza (che esistono, sono reali, non possono essere evitate o ignorate) possono rimanere nella parte positiva della scala, colorando la differenza con il profumo della ricchezza e dell’opportunità, e la separazione con la preziosità dell’individualità e dell’unicità.
In questo modo, nasce e cresce nella coscienza la dimensione sociale matura in cui gli altri, separati e diversi con i quali sperimenteremo certamente esperienze di differenza, non sono nemici, ma potenziali collaboratori per fini comuni ancora tutti da scoprire. Appare allora la possibilità di vivere una vita sicura e positiva nella grande famiglia umana.
Collocarsi nella parte positiva della scala è fondamentale, perché dona il piacere di vivere e apre la possibilità di mostrare a tutti la storia che siamo chiamati a raccontare per dare senso e valore e poter dire: “Sì questa è la mia vita! Sì, merita di essere vissuta! Sì, gli altri fanno parte della mia vita.”
Le abilità di relazione sono la leva che sposteranno il mondo dal negativo, in cui si trova, al positivo: salveranno il mondo perché nella diversità impareremo ad amarci ed a collaborare.
La mancanza di tali abilità personali portano, ed è un fatto accertato, prima alla solitudine, all’isolamento associati alla indifferenza verso l’altro; poi ad essere negativi e rancorosi. Si cova la negatività lamentandosi della vita, e colpevolizzando gli altri che diventano sempre più ostili e cattivi, dei nemici. Infine, il rancore si trasforma in aggressività che esonda dalla dimensione interiore e privata, e diventa azioni distruttive, violenza ed aggressività.
Esiste un altro elemento che ha il potere di spostare letteralmente la persona sulla scala del negativo– positivo: una maggiore consapevolezza di sé.
La consapevolezza, sono e so di essere, nella sua forma integra (ho tutto me stesso) apre una nuova categoria di esperienze: l’equivalenza.
L’individualità consapevole sperimenta la vita e gli altri attraverso il processo della comprensione, diversamente da quanto accade per il corpo e per la mente che esperiscono la vita attraverso processi duali e di percezione.
L’individualità, la pura consapevolezza di essere, sperimenta e trasforma tutto ciò che incontra nella sua stessa sostanza: ne è pienamente consapevole. Questo si traduce in equivalenza: ciò che sperimento equi-vale a me, diventa la mia stessa consapevolezza. Le esperienze di equivalenza o Esperienze Dirette, non processuali, sono sempre fuori scala perché non avvengono né nella dimensione del corpo né della mente, ma nel dominio della consapevolezza. Le ED non sono né negative né positive: sono!
La consapevolezza pura è inqualificabile e indefinibile. Di essa Plotino amava dire: “Dell’Essere nulla si può dire”.
L’esperienza Diretta produce maggiore consapevolezza di sé, spostando il corpo e la mente, ricche e gravide di esperienze piene di differenza, dal negativo in cui si trovano ad un positivo che tenta di avvicinarsi all’esperienza di equivalenza.
Semplificando potremmo dire che il corpo e la mente percepiscono le differenze come dominanti e l’unica soluzione è il conflitto, collocando e insediando la persona sul versante negativo della scala.
L’individualità consapevole, con il suo processo cognitivo diretto, dimostra che la natura essenziale e consapevole dell’altro è equivalente alla propria natura essenziale consapevole e colloca la persona con il suo corpo e la sua mente, con le relative esperienze di differenza, sul versante positivo della scala.
Il corpo e la mente non possono essere equivalenti, non è nella loro natura; solo l’individualità consapevole può percepire questo stato di essere indifferenziato e incondizionato. La sua presenza sposta in modo deciso la persona sulla scala: una maggiore e crescente consapevolezza è direttamente proporzionale allo spostamento verso una maggiore e crescente positività della percezione, delle relazioni e del comportamento.
Ti invito, di più, ti esorto a spostarti sulla scala del negativo-positivo. Non sentirti chiamato solo ad assumere una buona intenzione di essere meno negativo e di essere più positivo…il mondo ne è pieno, eppure tarda a migliorare.
Uno strumento potente è dotarti delle abilità di relazione che ti permetteranno di gestire le esperienze di differenza.
L’altro strumento pluripotente è dotarti di una maggiore consapevolezza col le ED che ti faranno accedere alle esperienze di equivalenza.
L’emergere della tua persona grazie alla crescita, il tuo porti al centro della vita e di guidare la tua relazione con l’altro fuori dal conflitto, ti faranno diventare una persona positiva.
La mia positività non è una questione morale, né una libertà di scelta, come potrei essere o come sarebbe bello essere, ma è un irrinunciabile bisogno di essere. Abitare la parte positiva della scala è una mia precisa responsabilità. Essere positivo, come diretta conseguenza delle mie abilità di relazione e di una maggiore consapevolezza, è un compito al quale mi dedico con impegno e con disciplina.
La positività che così viene maturata, rivela la nuova umanità celata in me.
La mia positività, frutto di una nuova umanità personale, svela che una nuova Umanità è possibile.
Chi è positivo è un costruttore, non solo della propria vita.
Chi è negativo è un distruttore della propria e dell’altrui umanità.
Infine ci sono coloro che sono arrabbiati, che si sentono ingannati e traditi dalla vita. Si mettono in castigo da soli, dicendo: “Io non gioco più alla vita”.
Questa posizione è completamente inadeguata: non ci si dovrebbe schierare dalla parte sbagliata, solo perché non si sa come abitare quella giusta. Esiste inoltre anche il pericolo di cadere nella fossa dell’indifferenza, nel limbo grigio dell’indistinto.
Alla fine, per passare dalla teoria alla pratica, cosa fare?
Come agire?
Il nostro Centro di ricerca e formazione propone due percorsi accessibili e alla portata di tutti coloro che avvertono la necessità di emergere dal pantano della negatività ed esplorare una vita positiva, due sfide capaci di spostarti sulla scala verso la positività: “L’intensivo sull’essere consapevole e le “Abilità di Relazione”.
Una maggiore consapevolezza e le abilità di relazione, capaci di spostare la persona dal negativo (qualunque esso sia) ad un positivo (qualunque esso sia), sono alla base di tutta la mia crescita, una crescita che mi porta direttamente al piacere di vivere una vita sana, etica e felice.