Due termini poderosi, dalle implicazioni gigantesche per la vita personale e sociale.
Uguaglianza ed equivalenza sono due dinamiche complesse che coinvolgono e definiscono le identità assunte (chi sono io) e proiettate (l’altro diverso da me); mostrano i valori che muovono il nostro comportamento, la visione e l’interpretazione della vita e caratterizzano le strategie di come attraversare l’esperienza esistenziale.
Uguaglianza ed equivalenza determinano che cosa otterremo dalla vita stessa, sia in termini della nostra singola persona sia della comunità in cui viviamo e operiamo.
Le due dinamiche, apparentemente simili, sono talmente distinte che è un errore usarle come sinonimi o confonderle, perché sono qualità diverse che producono direzioni differenti e conducono in luoghi altrettanto diversi.
Non si sale sul primo treno che si trova entrando in stazione, si cerca il proprio treno, quello che ci porterà alla destinazione che vogliamo raggiungere. Abbiamo cura di vedere se siamo sul binario giusto, in orario per essere certi di non sbagliare. In egual modo dovremmo essere ben consapevoli della destinazione esistenziale che raggiungeremo se saliremo sul treno dell’uguaglianza e sul treno dell’equivalenza.
UGUAGLIANZA o EQUIVALENZA
Cita il dizionario “Uguaglianza è una condizione determinata dalla compresenza, in due o più persone o cose, di attribuzioni, caratteristiche o proprietà identiche: uguaglianza di forme tra due oggetti oppure l’uguaglianza tra due forze, tra due pesi, ecc. Due persone uguali sono indistinguibili l’una dall’altra. Due persone uguali sono o cloni o sosia. Lo stesso dicasi per due oggetti aventi la stessa forma. Se possiedono la stessa dimensione, forma e colore possiamo dire che sono uguali. Un peso è uguale ad un altro quando pesa allo stesso identico modo, ovvero uno è come l’altro. Anche in matematica abbiamo lo stesso concetto: godimento di proprietà comuni da parte di più enti; relazione che gode delle proprietà simmetrica, transitiva e riflessiva; identità, isomorfismo, congruenza (nei diversi contesti).”
Possiamo dedurre, senza il pericolo di incorrere in degli errori di interpretazione, che i corpi non sono uguali. Perché cerchiamo di renderli uguali?
I generi non sono uguali. Perché cerchiamo di renderli uguali?
Anche tra gli stessi generi, tra tutti i maschi e tutte le femmine nessuno è uguale ad altro. Anche nelle anomalie e nelle eccezioni straordinarie come i gemelli monozigoti, l’uguaglianza è solo vistosa e apparente. La vita stessa ci differenzia: guardo la mia mano e pur chiamandole “dita” ognuna è diversa dall’altra.
La stessa realtà ci definisce differenti, e si usa la differenza per essere riconosciuti, come ad esempio le impronte digitali, il riconoscimento facciale da parte delle telecamere o i computer intelligenti.
In verità nulla è uguale a tutto il resto e questo non riguarda solo il nostro corpo.
La differenza è un tratto distintivo di questo universo: aumentando l’entropia al suo interno e di conseguenza il disordine e la complessità, tutto ciò che esiste è sempre diverso.
Ad esempio il ricambio cellulare avviene ogni sette anni in modo completo: pur avendo lo stesso corpo, di fatto non lo siamo più, perché non esiste più la stessa materia che lo componeva.
Questo principio di diversificazione è universale: in un bosco di abeti o di acacie, camminando per ore, non troveremo nulla che sia uguale a qualcos’altro: né un ramo, un tronco, una foglia, una radice…; inginocchiandosi in un prato tra l’erba e le pratoline, non trovare nulla che sarà uguale a tutto il resto. Che dire della mente e della personalità: sfido chiunque a trovare una mente uguale ad un’altra, o una persona identica ad un’altra.
Si può dire che ci sono due menti, mille menti, un milione di menti o un miliardo di menti, ma non che le menti siano uguali. Si può dire che ci sono due persone, mille persone, un milione o un miliardo di persone, ma non che le persone siano uguali.
Allora perché siamo mossi dalla forza dell’uguaglianza e la rincorriamo enfatizzandola come modello sociale?
Perché siamo attratti e fissati in qualcosa che fondamentalmente non è vero?
Equivalenza, cita il dizionario: “Esatta corrispondenza di valori”. Se scomponiamo la parola, rivela il suo significato intrinseco semplice e puro di equi – valere: una cosa o persona che valgono come un’altra.
L’equivalenza sposta l’attenzione dalla forma della materia e del corpo, al valore di quel corpo; dalla forma e dal giudizio che diamo al contenuto della mente, al valore della mente; dal giudizio su una persona, al valore di una persona.
In matematica l’equivalenza significa un tipo di relazione, qualsiasi relazione fra due elementi di un insieme che sia riflessiva, simmetrica e transitiva. L’equivalenza di due sistemi di equazioni si rivela quando le soluzioni di uno sono anche soluzioni dell’altro.
La geometria forse rivela più di ogni altro tipo di approccio la vera essenza dell’equivalenza: “una relazione per la quale due figure, pur non essendo uguali, hanno la stessa area se sono superfici, lo stesso volume se sono solidi.”
La Chimica mostra il senso dell’equivalenza dal suo peculiare punto di vista: “la situazione che si ha al termine di una titolazione, quando la sostanza titolante è presente con lo stesso numero di equivalenti rispetto a quella da titolare”
Anche la fisica afferma il principio di equivalenza che ne rivela un altro aspetto fondamentale: “ogni principio che postula l’uguaglianza di effetti prodotti da cause apparentemente diverse”. Per esempio nell’elettromagnetismo, il principio di equivalenza di Ampère, che spiega l’equivalenza tra un magnete e una spira percorsa da corrente; oppure la possibilità che due grandezze, di natura diversa, si trasformino una nell’altra: in termodinamica, il principio di equivalenza tra calore e lavoro, e nella relatività ristretta, il principio di equivalenza tra massa e energia.
Paradossalmente, l’ego di una persona è inconsapevole di veicolare una componente dissociata, cioè non possiede tutto se stessa, le manca l’integrità della sua componente consapevole. La nostra struttura psicologica è composta anche da una parte inconscia che è, ma non sa di essere. Nel confronto con ciò che è altro da sé, sembra prevalere l’essere uguale e non viene invece tollerato l’essere equivalente.
Le indagini svolte nei laboratori della mente funzionale del Centro Studi Podresca svela questo effetto emergente: nel venire ad essere, nel fenomeno precoce noto come “shock narcisistico”, in cui a causa di stimoli eccessivamente dolorosi e sopraffacenti sorge la coscienza della propria separazione (“io e mamma non siamo uno, io sono un’entità separata da mamma”), la fusione precoce scompare e mamma diventa un altro separato da sé. Questo evento origina un modello che si applica a tutta la percezione sperimentata: tutto è altro e diverso da me.
L’individualità consapevole in questo processo perde una parte di sé che viene relegata in una dimensione, che comunemente chiamiamo inconscio. Nel perdere la sua integrità, l’individualità consapevole, parte fondamentale della natura umana insieme al corpo e alla mente, perde qualcos’altro di fondamentale: il valore di sé semplicemente perché è!
L’individualità consapevole veicola due elementi cardini: la consapevolezza, io so di essere; e il valore, io valgo in quanto sono.
Il valore che porta in dote l’individualità consapevole non è condizionata né dalla di forma, né dall’energia (il sentire), né dalla mente (cosa penso), né dall’azione (cosa faccio), e neanche dal risultato (che cosa ottengo).
Il valore di sé scaturisce dall’auto consapevolezza di essere: valgo perché sono e so di essere.
Dato che la natura dell’Essere è in essenza inqualificabile e indefinibile, lo diventa anche il valore che si proietta sui corpi e sugli oggetti della mente, propri e altrui.
Il risultato è che si percepisce un valore libero e autonomo dalla percezione definita di sé e degli altri, non riconducibile o riferibile alla forma dei corpi, al sentire, al pensare, all’agire e all’ottenere un risultato.
Una persona vale innanzitutto e soprattutto perché è, e sa di essere: più una persona conosce se stessa, possiede “io sono – io so chi sono”, e più valore sente di sé sotto di forma di autostima; meno si conosce se stessi, meno si possiede il senso di sé, e meno valore si assegna a se stessi.
Sembra proprio che le due componenti siano direttamente proporzionali: una persona fortemente dissociata dalla propria nevrosi o psicosi mostra un forte disvalore di sé e della vita. Raggiungendo il fondo di questa scala appare il sentimento terribile che la vita non merita di essere vissuta, e il suicidio entra a far parte della soluzione di tale sofferenza.
L’uguaglianza può essere maturata all’interno del processo educativo: uguali significa pari opportunità nel rispetto delle differenze. L’uguaglianza è una conquista culturale e sociale che appare nelle diverse condizioni esistenziali che si attraversano durante la vita: nella fase dello studente, nell’orientamento e formazione professionale, nella famiglia, nel lavoro, nell’accesso alle cure mediche, nella terza età, nei generi, nell’avere figli e in tutto ciò che riguarda la nascita e la loro educazione.
I problemi dell’uguaglianza non sono le diversità che si creano con la formazione di diversi gruppi o ceti sociali che vengono naturalmente ad aggregarsi in una società altamente strutturata, ma i privilegi che alcuni riescono ad ottenere rispetto ad altri gruppi. Una società in cui è contemplata l’uguaglianza fino a renderla funzionale, è una società che è diventata civile.
Possiamo dire in tutta franchezza che pur essendo stato fatto moltissimo in questa direzione, resta ancora molto da fare.
L’equivalenza non risiede nel dominio della mente, ma in quello dell’Essere, pertanto non è un oggetto plasmabile con l’azione educativa.
Una persona è fondamentalmente identificata con ciò che sente e poi con ciò che pensa: le idee, i punti di vista, le credenze, i giudizi e i pregiudizi, le identità, le aspettative… all’interno di una visione della vita che le contiene.
Tutto questo crea un’interpretazione che cerca di raccontare una storia, ossia lo sforzo di assegnare un senso soggettivo alla propria vita.
Si può educare – formare una persona all’uguaglianza, ma non all’equivalenza in quanto stato dell’essere: come il calore sta al fuoco, così l’equivalenza sta alla consapevolezza; uno stato di maggiore consapevolezza porta con sé in dono l’esperienza di una maggiore equivalenza. L’equivalenza introduce un ulteriore passaggio obbligato, una vera prova di maturità personale; oserei dire un test esistenziale nel quale non si può barare neanche con l’intelligenza più sopraffina e con una furbizia alimentata dalla scaltrezza: non è possibile introdurre l’equivalenza nelle nostre relazioni, se non sappiamo dare valore agli altri. Proprio in questo troviamo un limite: il problema del dare valore agli altri risiede nel fatto che per poterlo dare, è necessario prima averlo per noi stessi. Senza un autentico valore percepito per se stessi, non siamo in grado di donarlo all’altro.
Il valore, come detto, risiede solo nella consapevolezza di sé: cercare di ottenere-produrre valore dai corpi e dalle menti, somiglia all’inutile tentativo di fare il frappé con i ciottoli raccolti in spiaggia. Purtroppo è proprio questo che spesso e volentieri si finisce per fare: mancando il valore di se stessi, non potendolo quindi dare agli altri, lo sostituiamo con l’uguaglianza che risulta un valore apparente, una specie di: “se siamo uguali allora e come se tu valessi quanto me”.
Una storia popolare racconta di un tizio che stava cercando a notte fonda la chiave di casa, carponi in strada sotto un lampione. Era ubriaco e reduce da una serata con gli amici in una bettola vicina. Faceva freddo e aveva bisogno di ritornare a casa, ma la chiave non saltava fuori per cui cominciò a piagnucolare e a lamentarsi del suo misero destino. Un amico che faceva ritorno a casa, reduce da un incontro galante, dopo aver compreso la situazione, si mise carponi anche lui per cercare la chiave sotto lo stesso lampione. Essendo sobrio, dopo quindici minuti di intensa ricerca, gli sorse il dubbio che la chiave non fosse veramente lì, per cui chiese all’amico dove l’avesse perduta esattamente. La risposta fu alquanto sconcertate: “Lì nel vicolo buio”. L’amico irritato e incredulo da quella risposta non si trattenne e sbottò: “Ma allora perché la stiamo cercando qui sotto al lampione?”. “Perché, qui si vede meglio” replicò il tizio.
Ecco, noi siamo simili all’ubriaco; quando cerchiamo il valore di noi stessi, dovremmo guardare nel “vicolo buio” della nostra consapevolezza parziale e incompleta, invece di cercarla sotto il lampione dell’uguaglianza.
Uguaglianza ed equivalenza pescano nel profondo dell’animo umano, sono cause invisibili di effetti emergenti complessi e insondabili: potrebbe essere una ragione sufficiente per prendere in maggiore considerazione e forse studiare, approfondire e infine definirsi rispetto a questi due poli di aggregazione delle diverse identità umane.
“La coscienza è uno strumento di precisione, di estrema sensibilità” diceva Victor Hugo.
La coscienza è preposta alla percezione soggettiva del valore, dell’estetica e della giustizia. Se si matura l’equivalenza, allora anche l’uguaglianza trova il suo posto in una società altamente civilizzata. Se l’equivalenza non appare nel cuore e nella coscienza degli uomini, si scivola in un’uguaglianza fittizia: privi del valore necessario per dare senso e corpo all’uguaglianza sociale, lo sforzo di essere uguali agli altri o di forzare gli altri ad essere come noi, diventa la fonte principale delle nevrosi, della competizione, dei conflitti e dell’ingiustizia sociale.
Curioso e paradossale, a tratti scioccante, è scoprire che alla base dei conflitti e delle ingiustizie non si trova la differenza, ma lo sforzo di voler essere uguali agli altri e di costringere gli altri ad esserlo nei nostri confronti, senza sentire per sé e per gli altri un valore equivalente.
La via dell’uguaglianza
La maggior parte delle persone non è consapevole dell’equivalenza, perché non è integra nella propria individualità consapevole. Inesorabilmente scivolerà nell’uguaglianza che diverrà il sostituto inconscio dell’equivalenza.
Non riuscendo a sentire completamente il proprio valore, si intraprende la via dell’uguaglianza senza l’equivalenza: questa strada non porta ad una maggiore coesione sociale né ad una maggiore abilità di collaborare, ma pone limiti significativi all’empatia e alla comprensione.
Chi sono coloro che intraprendono questa via?
Cosa succede a chi s’incammina in questa direzione?
Non è raro che chi soffre di questa sindrome intraprenda la crociata dell’uguaglianza, una lotta contro la diseguaglianza: questo comportamento spesso nasconde un dolore particolarmente acuto, originato da un insufficiente valore di se stessi; l’ostinarsi e l’accanirsi sull’uguaglianza, cioè sul suo opposto, la diseguaglianza, rivela una sofferenza inconscia che emergere dalla propria incompletezza esistenziale.
Un’eccessiva fissazione sull’uguaglianza – diseguaglianza tra le persone è sintomo di una capacità insufficiente di dare un autentico valore agli altri, impedendosi di contattarli veramente e di amarli. Questa sofferenza è alimentata anche dal valore insufficiente che non arriva dagli altri, perché si è privi di questo recettore: non sappiamo riceverlo. Senza il valore che gli altri percepiscono nei nostri confronti, ci sentiamo isolati, soli e non amati. La solitudine e la mancanza di amore acutizzano la sofferenza che radicalizza ed estremizza la personalità: le persone si votano alla lotta contro la diseguaglianza per una uguaglianza che si spera risolva la loro vera mancanza.
L’uguaglianza ha uno scopo e un ruolo sociale importante: è utile in molti aspetti della nostra vita, soprattutto dove noi e gli altri veniamo considerati in un modo in cui tutti possono emergere e possono realizzare la propria persona.
E’ necessario prendere una posizione rispetto all’uguaglianza: non dovremmo limitare la nostra reale differenza per tentare di essere uguali; siamo di fatto differenti in quasi tutto e questa è una verità oggettiva.
Chi si emancipa e si impregna per emergere con le proprie dominanti, dovrebbe affermare: “Io sono differente. Gli altri sono differenti. TUTTI possiamo avere, nonostante la differenza, una considerazione reciproca grazie alla quale possiamo competere lealmente per crescere, e avere pari opportunità nelle vicende esistenziali.”
La via dell’equivalenza
La via dell’equivalenza si basa su una maggiore e crescente consapevolezza di se stessi, degli altri e della vita. L’equivalenza senza uguaglianza è praticamente impossibile. La capacità di sentire pieno valore di se stessi si riflette in modo naturale e spontaneo nel percepire il valore completo degli altri. Il valore percepito porta in modo spontaneo all’uguaglianza sociale.
Come sviluppare una maggiore equivalenza?
“Se cerchi un diamante, il posto più sicuro dove trovarlo è una miniera di diamanti.”
Parafrasando questa frase famosa, possiamo dire che se vuoi trovare l’equivalenza, il posto più sicuro dove trovarla è all’Intensivo sull’essere consapevole: una vera miniera in cui si attinge al valore infinito di se stessi e degli altri.