Un giovane di buona famiglia che abitava in un regno con una lunga tradizione di pace, si affacciava alla vita adulta e aveva maturato la sua vocazione. Gradualmente negli anni della sua adolescenza, plasmato dalle esperienze e dalle sue naturali inclinazioni aveva scoperto la sua passione per il giardinaggio. Il suo desiderio era talmente forte ed evidente che nessuno si stupiva del suo “pollice verde”. Quando venne il momento di lasciare lo studio formale decise di apprendere l’arte del coltivare tutte le piante dai migliori maestri del suo tempo. Informatosi venne a conoscenza che i più grandi giardinieri di tutto il regno erano tre fratelli. Il più giovane dei fratelli viveva al sud dove il clima rendeva facile la sua attività. Il mediano viveva in una zona temperata del regno e in terzo, il più anziano al nord dove l’inverno sapeva essere inclemente. La loro maestria di coltivare erano equivalenti ma qualcosa li rendeva differenti: la loro reputazione. Il primo era amato, il secondo era adorato e il terzo rispettato, talmente rispettato che anche il re di tanto in tanto andava nel suo tempo libero ad aiutarlo e sporcarsi le mani nel suo giardino. Il giovane pensò che si trattasse semplicemente del rispetto che si porta alle persone nelle diverse età della vita. Siccome la loro maestria era la stessa scelse di imparare dal più giovane. Fece domanda per essere ammesso come apprendista e con sua grande soddisfazione venne invitato a vivere assieme al Maestro per un anno, come si faceva a quei tempi, per apprendere l’arte del giardinaggio. Lavorarono duramente e il giovane ebbe modo di apprendere tutti i segreti della terra, del clima e delle diverse esigenze delle piante. Alla fine del suo tirocinio chiese se doveva apprendere altro o questo era tutto ciò che doveva sapere rispetto all’arte del giardinaggio. Il più giovane dei tre fratelli rispose che l’insegnamento era completo e che ora si poteva festeggiare. Il Maestro bevve cosi tanto che si ubriacò e nella sua frenesia devastò il suo giardino rovinando sui vasi spaccandoli, inciampando sui rampicanti strappandoli e infine facendo cadere il braciere per il te diede fuoco alla sua serra rovinando tutto il suo lavoro. Al mattino il giovane osservando la devastazione provocata da un solo giorno di indulgenza sfrenata comprese perché il maestro fosse amato per la sua bravura, ma non adorato. La sua bravura con le piante era indiscussa, ma non bastava per renderlo capace di portare a frutto il suo lavoro. Scelse allora, ritenendo che la sua formazione non fosse finita di chiedere al secondo fratello, anch’egli maestro nel giardinaggio di accoglierlo come allievo. Venne accolto e invitato a passare un altro anno nella sua dimora. Studiò con molta passione e anche se le piante a quella latitudine erano diverse ed esigevano trattamenti specifici i principi erano gli stessi e non trovo nulla di diverso nella conoscenza che ebbe modo di ricevere dal fratello mediano. Con l’approssimarsi dell’autunno però il maestro inizio a dare segni di inquietudine, preoccupazione e a tratti di disperazione. Non volle chiedere le ragioni intuendo che proprio in questi segni forse si celava la qualità della sua reputazione. Un giorno, come capita con le stagioni fredde arriva la grandine, il gelo, la neve, il vento forte che spezza i rami agli alberi da frutto. Alcune piante poterono essere salvate portandole dentro alla casa del maestro, ma tutto il suo giardino e i suoi magnifici alberi da frutto furono colpiti e devastati dal disastro naturale. Fu subito chiara la fonte delle ombre presenti nell’animo del suo maestro. Ecco perché la paura e la tristezza mescolata alla disperazione affioravano ogni tanto dalle sue parole o dal suo sguardo. Era certamente un bella persona, brillante, abile e sapiente. Purtroppo l’esperienza aveva insinuato in lui la percezione che il suo impegno era del tutto vano, perché non riusciva difendere il suo risultato. La grandine, il vento il gelo, la neve puntualmente ogni anno arrivava e colpiva e in parte distruggeva il suo lavoro. La sua maestria era inquinata da un senso di impotenza verso forze superiori. L’impotenza agli occhi dell’allievo ora era visibile nelle parole e nelle azioni del suo maestro. Con aka sua opera era come se dicesse: “Fino a qui io ti posso portare e non oltre, perché il fato è una forza dalla quale io non posso sfuggire”. Il maestro mediano a differenza da quello più giovane, che era in prima persona la fonte della distruzione del suo giardino, era adorato perché oltre a non aveva nessuna colpa nella distruzione che ogni volta la natura portava come una maledizione, egli ritornava al suo impegno, reiterava la sua missione di coltivare il suo giardino ricostruendolo e risanando ogni volta il danno provocato. Il Fato imprevedibile e cieco gli era ogni tanto nemico e ostile. La gente adorava il maestro perché per quanto fosse colpito e punito dalle forze superiori egli ogni anno ritornava al suo giardino e con amorevole cura e fedeltà portava avanti la sua missione. L’allievo aveva colto la maggiore la rettitudine morale di questo straordinario maestro rispetto al fratello più giovane, ma pur avendo da lui appreso come non distruggere con la propria indulgenza il proprio giardino non era soddisfatto. Non gli bastava saper fare e rifare ciò che veniva distrutto anche senza la propria colpa. Salutò e ringraziò con infinita gratitudine il maestro giardiniere per ciò che gli aveva trasmesso e senza indugio scrisse la richiesta di diventare allievo del terzo fratello-maestro giardiniere. Dopo un lungo viaggio su al nord arrivò in primavera alla dimora del terzo fratello. Lavorarono duramente producendo una abbondanza straordinaria. Nulla di diverso dalle tecniche di coltivazione già apprese dai fratelli minori, solo una straordinaria abbondanza. L’allievo pensò subito che forse era l’abbondanza la qualità che doveva apprendere dal fratello più grande e credette di sapere come fare. Ma il ciclo dell’insegnamento non era ancora completo e infatti il lavoro non sembrava affatto finito. A fine estate il maestro dava una grande festa nel suo giardino e invitava tutti i suoi vicini. Per i preparativi il maestro era particolarmente entusiasta. L’evento in verità sembrava essere l’apice di tutto il duro lavoro fatto. La sua energia trapelava dai suoi occhi e l’allievo comprese senza dubbio che era in quell’evento che avrebbe dovuto cercare la cosa più importante che doveva apprendere dal suo maestro. La festa fu all’inizio strana perché ogni invitato venne all’evento con un carretto o una carriola vuota. All’inizio non comprese lo scopo o la ragione, si era fatto più maturo nel suo apprendistato. Sapeva che alcune cose meglio non chiedere e comprenderle attraverso l’esperienza. La festa si svolse come ogni festa, canti, balli, premiazioni, riconoscimenti e infine doni. Si, il maestro consegnava ad ogni invitato nel momento del suo commiato interi sacchi di sementi e piantine. Ognuno portava a casa un carretto pieno e una carriola ricolma. Siccome era una festa importante alla quale partecipavano famiglie dell’intera regione (qualche volta anche il re veniva per riempire il suo carretto dorato) l’abbondanza accumulata dalla loro bravura si esaurì molto presto e alla fine della festa le loro riserve erano ridotte all’essenziale per affrontare il rigido inverso che li aspettava. L’allievo si stupì del grande cuore del maestro, amo la sua generosità e comprese la ragione del rispetto che tutto il regno nutriva nei suoi confronti. L’allievo pensò di aver appreso la lezione più importante dal suo maestro, ma non era così, il vero insegnamento doveva ancora arrivare. Arrivò come sempre accompagnato dal grande paradosso che accompagna la nascita, la morte e le grandi lezioni di verità che si trovano disseminate lungo la vita: inaspettato, imprevedibile e allo stesso tempo preciso, esatto e puntuale. Arrivò con il vento gelido del nord che tutto spezza e gela. La bufera durò un giorno e una notte. Durante il giorno il maestro si limito ad osservare dalla finestra il suo giardino canticchiando una vecchia filastrocca della sua infanzia che parlava di bruchi che diventano farfalle e di girini che diventano rane. Durante la notte il maestro dormì di un sonno profondo. Al mattino la bufera era passata e insieme poterono uscire per vedere l’esito del suo passaggio. L’allievo potè constatare che tutto era integro e al suo posto. Lo stupore s’impadronì dell’allievo. Quale potere nascosto possedeva il suo maestro da controllare le forze della natura? Ecco cosa veramente avrebbe voluto imparare da suo maestro. Quando ebbe il coraggio di chiedere come avesse fatto il maestro sorridendo rispose che non aveva quel potere e che in effetti non aveva fatto niente in tal senso, ma aveva fatto qualcos’altro. Lo invitò a salire insieme sulla collina. Arrivati in cima indicò con una mano tutta la vallata. Al centro si trovava il giardino del maestro con la sua casa circondati da una alta siepe, proprio come se la ricordava, accanto e tutto attorno a perdita d’occhio altri giardini di tutte le forme e grandezze, e tutti con la loro alta siepe a difenderli. Rimasero a lungo in silenzio a guardare quella distesa di giardini fino all’orizzonte. Poi senza nessuna spiegazione l’allievo comprese tutto. Comprese le ragioni del duro lavoro, affatto fine a se stesso. Comprese le ragioni dell’ottenere una straordinaria abbondanza. Comprese la festa di fine anno e infine comprese la sua generosità. Ecco il segreto del grande potere che proteggeva il giardino del maestro dalle forze del fato. Il potere degli innumerevoli giardini dalle imponenti siepi cresciuti rigogliosi dai semi e dalle piante da lui stesso donati a tutte le persone del suo vicinato. Che meravigliosa armonia l’architettura di questa straordinaria soluzione: Chi può dire quale giardino è protetto e quale protegge?Chi salva chi dall’imprevedibile fato ? Chi viene salvato da ciò che non può essere vinto? L’allievo aveva raggiunto la maturità e comprese che essere un giardiniere era solo un pretesto, un’occasione o forse una scusa per diventare un’uomo.

INTENSIVO SULL’ESSERE CONSAPEVOLE DI 14 GIORNI 2023
Tutto ciò che stiamo vivendo può assumere un connotato