L’esperienza di unione introduce alla percezione dell’equivalenza. L’esperienza di separazione introduce alla percezione della differenza.
Sono entrambi qualità indispensabili per maturare una personalità completa. Alla maggior parte delle persone queste due qualità non solo appaiono incompatibili ma si escludono a vicenda. Le persone non intraprendono quasi mai un processo che li porti spontaneamente a maturarle contemporaneamente. Le proprietà di percepire esperienze di differenza e di equivalenza sono il risultato di due processi cognitivi diversi. L’esperienza di differenza viene processata dalla mente con il contributo dei organi sensoriali. L’esperienza di equivalenza non avviene da processo alcuno ed è interamente originata dall’individualità consapevole, è come l’essere conosce. L’essere essendo il soggetto dell’esperienza non trova separazione o differenza da ciò che conosce. Nell’equivalenza non appare differenza ma unione di identità: sono ciò che conosco, sono ciò di cui divengo consapevole. L’atto di maturarli e integrarli in tempo utile nella persona rientra nel progetto di alta formazione della Scuola delle Abilità per bambini e giovani. Alla maggior parte dei bambini a partire da una età scolare le esperienze di differenza e quelle di equivalenza appaiono divergenti, inaccostabili e incompatibili. Ad un bambino che fonda la sua identità e la percezione di se sulle esperienze di differenza appare incomprensibile, inaccettabile e intellettualmente paradossale possederle ed esperirle entrambe. Gradualmente la persona diventa ottusa, opaca e infine cieca nel vedere, riconoscere e considerare la parte equivalente in se e negli altri. Mentre la parte del bambino che lo rende differente si palesa , si rafforza e s’impone da se, la parte che lo rende equivalente è più profonda si atrofizza. Se poi una persona adulta tenterà l’impresa dovrà essere raggiunta e fatta emergere con strumenti potenti come L’intensivo sull’essere consapevole. Sarà la scoperta della parte equivalente che renderà la personalità adulta e completa. È l’esperienza di equivalenza che porta a maturare l’umanità che risiede in ognuno di noi.
Come è mai possibile sentire ed agire in una relazione con entrambe le abilità di equivalenza e differenza? Di solito concepiamo una oppure l’altra modalità cognitiva, ma difficilmente entrambe contemporaneamente. Di norma una parte domina la persona (di solito le esperienze di differenza) e tiene l’altra, l’esperienza di equivalenza, sotto la soglia della consapevolezza. Perché sembra un paradosso agire da e per una equivalenza con l’altro e agire da e per una differenza con lo stessa persona? La risposta è tanto semplice quanto vera: la natura umana è composita. È vero che siamo sia uno che l’altro contemporaneamente. La nostra natura essenziale auto-consapevole, grazie alla quale sappiamo di essere e di esistere, è capace di esperienze di equivalenza, cioè possiamo riconoscere lo stesso valore di essere ed esistere per tutti quelli che sanno di esserlo allo stesso modo. Esistono poi i corpi molto differenti tra loro e le menti ed espressioni altrettanto distinti che possono e devono essere diversi, separati e misurati. Come i corpi, le menti e le azioni non possono essere pesate con il metro di misura dell’equivalenza, perché sono realmente e oggettivamente differenti, cosi non è possibile prendere l’individualità consapevole e misurarla con un metro di valori differenti. Come si misura il valore di esistere, di essere consapevole? La natura essenziale di Essere, non solo non è definibile e inqualificabile, ma possiede un valore assoluto non paragonabile. Un infinito singolare difronte ad un altro infinito singolare, non solo non può essere misurato e paragonato ma risulta in essenza equivalente. Un infinito che guarda ed entra in relazione con un altro infinito che sa di esserlo non dice “due infiniti”, ma dice uno, un infinito, un’unica sostanza.
Se la persona non discrimina sé dal suo corpo e dalla sua mente, non vede e non conosce il valore della sua individualità consapevole, di conseguenza tratterà il suo valore di essere allo stesso modo di come si trattano i corpi, le menti e le azioni, cioè suscettibili di paragone e confronto: io valgo di più e tu vali di meno oppure tu vali di più e io di meno. La persona sarà incapace di percepirsi soggettivamente in modo equivalente (dello stesso valore degli altri) e di conseguenza non saprà interagire con gli altri in questo modo, (non saprà considerarli dello stesso suo valore).
Non sapendo attivare questo processo cognitivo e non potendo avere questo canale di relazione le persone non possono fare a meno di giudicare se stessi, giudicare l’altro e assegnare un valore discreto alla relazione. Il difetto congenito di dare valore ad una persona o a una relazione tramite il processo dei giudizi è quello di ricondurre le persone e la relazione a dei guadagni e a degli interessi personali (per altro non sempre consapevoli). Saranno i guadagni a decretare il valore o il disvalore delle persone e della relazione. Questo modo di misurare il valore delle persone è riduttivo e incompleto perché non riconosce, non vede e non considera l’individuo auto consapevole che alberga in ognuno di noi. Per la differenza tutto ha un valore di mercato. Un rene, una laurea, un matrimonio, per cui si finisce per dare una differenza ad un valore e un valore ad una differenza. Se una persona è privata della possibilità di esperire direttamente il suo valore e di conseguenza e di riflesso quello dell’altro risulta limitato nella sua relazione. Diventa cieco e incapace di vedere questo valore nell’altro. Il rapporto privo del valore equivalente decade su una piano in cui ci si misura solo con la differenza oggettiva e la relazione si finalizza solo ai guadagni e agli interessi personali che si possono ottenere.
Osservate per un attimo la foto che ho scelto per questo articolo. Secondo voi, cari amici, a questa madre quale figlio pesa di più? A quale da maggiore valore? Quale è amato di più? Eppure uno lo porta a destra, uno a sinistra, un altro appeso sulla schiena e ad immagine della nostra Umanità, uno lo sta portando in grembo e non si vede ancora. Ecco L’INTENSIVO è questa madre che sa portare in modo equivalente e differente tutti i suoi figli. E noi figli impariamo da questo nobile esempio.