La strategia dell’equivalenza è il fondamento delle dieci strategie evolutive maturate in seno alla ricerca Scienze delle Abilità Umane. L’equivalenza è molto di più che la semplice abilità d’interagire con gli altri riconoscendo e attribuendo lo stesso valore che assegnamo a noi stessi conferire anche all’altro. Una simile abilità può essere ricondotta all’uguaglianza se non addirittura al rispetto e alla giustizia. L’equivalenza sorge autenticamente nel panorama interiore come proprietà, dote e necessità di espressione personale solo dopo aver squisito la maestria di determinare con le strategie della propria sfera d’influenza i risultati e dei fini della propria vita. Tuttavia è possibile trovare molto spesso un suo surrogato, frutto di altre strategie come quella del parassita opportunista. La strategia in questione usa il mimetismo come approccio evolutivo e propone di collaborare (che significa condividere l’intenzione in prima battuta e le risorse in seconda per ottenere un risultato comune in terza battuta) per poter ingannare (derubare le risorse dell’altro o il suo risultato). Questa categoria di persone che definirei “ingannatori” per l’uso della loro strategia di sopravvivenza, va distinta dai “scollaboratori” che operano per scopi diversi dal fine dichiarato o dagli “opportunisti” che usano a proprio vantaggio  la collaborazione e i risultati degli altri, senza costruire insieme, ma solo per  il salire sul carro dei vincitori. Negli ingannatori l’intenzione comune è autentica solo che viene usata come esca nella trappola di una finta o falsa collaborazione. Ciò che non segue all’intenzione dell’ingannatore è la somma delle risorse oppure quando avviene è solo in prospettiva di derubare l’altro del risultato. Le risorse o non vengono condivise per cui non si arriva al risultato desiderato oppure è proprio il risultato finale comune che manca perché  viene  sottratto. 

Esiste un un dato errato in questo campo. Si pensa e si crede che si possa educare all’equivalenza. Non è cosi! Si, si può creare la cultura dell’equivalenza. Si può creare il contesto adatto in cui l’equivalenza può radicare e svilupparsi, ma ci vuole un’esperienza diretta della propria integrità consapevole per possederla. Per una persona che vive la sua dimensione separata e distinta con sensi, sentimenti, pensieri e identità che confermano la differenza, l’equivalenza non è concepibile. Se introdotta come concetto filosofico o morale, rimane tale. 

L’equivalenza VA SCOPERTA! Come per Colombo ci volle un viaggio e un coraggio oltre misura per scoprire l’America: il nuovo mondo. Così ci vuole un viaggio e un coraggio fuori dal comune per scoprire in se la dimensione dell’equivalenza: una nuova strategia evolutiva vincente. Come nasce l’equivalenza nella coscienza di una individualità consapevole? Perché essa sorga e diventi fondamento della personalità è necessaria una maturità inedita, acquisita da una maggiore e speciale conoscenza di se. Per quanto siamo intrinsecamente dotati della possibilità di esperire gli altri e la vita in equivalenza, non tutti sviluppano tale dote. È possibile sviluppare la strategia collaborativa solo a partire dall’esperienza interiore di equivalenza. Collaborare funziona nel grado in cui appare come conseguenza riflessa dell’esperienza di equivalenza. L’esperienza è fonte del proprio e l’altrui, valore. Il valore è il parametro fondamentale della collaborazione. Diversamente, appare una pseudo collaborazione ovvero uno scambio guidato da un guadagno reciproco nei migliori dei casi. Una collaborazione fondata sul valore reciproco o sul guadagno sono due piani evolutivi diversi. Collaborazione frato valore o collaborazione frato guadagno sviluppano due storie decisamente differenti.

 

 

Due paradigmi a confronto. Individualmente e collettivamente ci troviamo a cavallo tra queste due dinamiche. Quale di essa domina in una persona o in una comunità?Certamente determinerà lo stile e la qualità della vita. La matematica di una storia è capace di portare alla completezza esistenziale e l’altra, pur ottenendo guadagni, no.

L’equivalenza non è un’identità, non è un sentimento, non è un pensiero su come essere e come fare qualcosa. Non si tratta di un prodotto di un processo deduttivo, intellettuale o morale, ma nasce da un riconoscimento di se e di riflesso in modo speculare il riconoscimento degli altri ad opera dell’individualità consapevole. Essere consapevoli di sé origina il riconoscimento del proprio valore. Essere consapevoli degli altri come individui (non per ciò che fanno, ma per ciò che sono) origina il riconoscimento del loro valore che appare equivalente. 

Se la consapevolezza di se raggiunge la massa critica, libera una sua proprietà intrinseca: il su valore e quello riflesso sull’altro, che diventa equivalente. Il valore  della consapevolezza di se non è quantificabile ne qualificabile, intrinseco e trascende guadagni o i risultati. La caratteristica del valore scaturente dall’individualità consapevole è quella di essere senza misura; è un valore che esiste, si percepisce come soggettivamente assoluto e reale che è possibile riconoscere, ma non misurare. 

Storicamente il valore di una persona è stato abbinato al livello dei suoi risultati, non importa come li ottiene. Spesso il valore è semplicemente correlato con la sua forza fisica (il corridore più veloce del mondo), al suo potere economico, ai status simbol, al ruolo, a quanto è in grado di guidare gli altri, quanto è autorevole (credibile) ma anche nel versante opposto, quanto riesce a dominare-controllare gli altri e da quanto viene temuto. Pensare e sentire di valere più degli altri o meno degli altri e contemporaneamente trovarsi in entrambi i versanti privi di valore intrinseco capace di sentire equivalenza produce sia un senso di colpa diffuso, endemico e profondo che rende la persona incline ad abusare degli altri e sia persone che rinunciano ad emergere per evitare di subire ingiustizie. 

Privi dell’esperienza di equivalenza, che pure ci appartiene, inesorabilmente cadiamo nelle due dinamiche alternative possibili: senso di superiorità e senso di inferiorità. Senza l’esperienza dell’equivalenza saremo attratti o tentati di ferire gli altri che, essendo inferiori non richiedono di essere trattati con rispetto oppure tentati di ritirarsi e di rinunciare ad emergere per evitare di essere usati e calpestati. Questa duplice dinamica porta qualcuno ad usare gli altri e altri a sentirsi in costante pericolo di essere usati. Valere meno degli altri ha causato senso di inferiorità, rabbia, gelosia e invidia a chi appare superiore, vendetta, impulso a limitare tanto la propria quanto l’altrui espressione. La relazione priva dell’esperienza dell’equivalenza introduce e sdogana il ferire e l’essere ferito nella relazione. Il conflitto diventa la strada più trafficata di questa particolare rete di relazione. 

La strategia di interagire con gli altri in base al principio di equivalenza risolve tutti questi problemi. Il primo passo verso questa esperienza consiste nel crescere nella conoscenza di sé e riconoscere la qualità intrinseca dell’individualità consapevole, imparare ad affermarla  e ad esprimerla. Molto semplice, ma non facile da ottenere. Tuttavia gli strumenti adatti allo scopo ci sono ed è possibile scoprire e maturare la visione equivalente del propria e altrui valore. Per quanto tale esperienza non sia ordinaria, al CSP lo sappiamo ottenere in modo esatto e scientifico con le Esperienze Dirette negli Intensivi sull’essere consapevole. * 

Passo tratto dal libro “Le dieci strategie Evolutive”. 

Post Recenti

Iscriviti alla Newsletter