“Vivere non è abbastanza, disse la farfalla. Bisogna avere il sole, la libertà e un piccolo fiore”
– Hans Christian Andersen –
Come si avanza nella terza età in cui da una parte si raccolgono i frutti della propria azione, e dall’altra si procede verso la conclusione dei progetti di vita?
Come ci si comporta con i fini e i desideri rimasti aperti e incompiuti?
Le domande che affiorano, non sempre gradevoli, sono davvero molte e della maggior parte non si conosce la risposta, perché senza un’adeguata ricerca è difficile trovare risposta ai quesiti esistenziali della terza età.
Come si completa la parte mancante di una vita? Perché, ahimè, per quanto ci si impegni rimane sempre qualcosa di incompiuto.
E poi come si risolvono le promesse mancate? Come si risana l’aver deluso se stessi e gli altri? Come smettere di soffrire per il doloroso sentimento di essere stati ingannati? Come si concludono le aspettative tradite? Come si lasciano andare gli irrisolti rimasti sospesi, il dolere e le ferite fatte e subite? E soprattutto, come si concludono e si lasciano andare le numerose ingiustizie?
Non osiamo neanche pensare di procedere con questo fardello, e non avendo strumenti per affrontare questo carico immane, solitamente lo reprimiamo e troviamo sollievo nel renderlo inconscio.
Questo comportamento non fa altro che farci cadere dalla pentola alla brace, perché, per quanto represso, non è materiale “inerte” e se esiste un momento in cui tende ad affiorare, è proprio nella terza età.
Non è semplice affrontare e risolvere questo deposito accumulato per un’intera vita. Per quanto l’autoanalisi sia d’aiuto, spesso non è sufficiente per liberarci da questo peso. Per risolverlo è necessario andare più in profondità nell’animo umano, penetrare la scorza di ognuno di noi trovando ciò che anima il senso e il valore della vita, cosa altamente soggettiva, custodita nella profondità della persona.
Solo così sarà possibile completare ciò che si è iniziato: lasciare andare ciò che deve andare e originare ciò che realizzerà e completerà la terza età.
Durante le due intense prime fasi di vita, si accumula molto peso in seguito alle infinite esperienze vissute. Alcuni reggono tale peso, altri crollano. L’effetto è variabile e la terza età somiglia per certi versi alla cassa del supermercato, che chiede di pagare il prezzo della spesa fatta durante le due fasi di vita precedenti.
Nella terza età diventa sempre più urgente imparare a sciogliere i vincoli creati, e a riconoscere da cosa operare il distacco. Non è cosa facile da fare. Ci vuole molta consapevolezza, molte abilità di relazione e molta collaborazione per maturare questi processi. La terza età non è solo la conclusione di una fase della vita, ma è l’inizio di un nuovo grande ciclo.
Nella terza fase di vita si trova piacere nel sentirsi utili in moltissimi modi: dedicandosi al servizio della famiglia, dei propri figli, dei nipoti e della comunità di appartenenza. Nella terza fase di vita ci si dedica a completare lo stile di vita desiderato, si fanno tutte quelle cose che non si è mai riusciti a realizzare, perché collocati sempre dopo qualcosa che veniva prima.
La gran parte delle persone nella terza età iniziano a sperimentare una responsabilità decrescente che lascia uno spazio interiore vuoto, che a sua volta fa emergere qualcosa di più profondo e sottostante: gli irrisolti, le insoddisfazioni e le incompletezze che possono inquinare e distorcere notevolmente questa bellissima fase evolutiva. Pace o rancore? Completezza o rimpianti?
Emergono di nuovo domande spontanee “Cosa non ho fatto e avrei dovuto fare?” e “Cosa ho fatto e non avrei dovuto fare?”. Questo tipo di riflessione accade a tutti, anche alle persone inconsapevoli di tali domande. In realtà non sono domande ma processi psicologici tipici della nostra natura umana. Siamo sensibili e tarati, al di là della narrazione personale, alle ingiustizie e ai sensi di colpa, alla pace e all’inquietudine.
Infine, non sempre e non per tutti, ma solo per alcune persone, nella terza fase della vita, si diventa più sensibili e ci si avvicina alla ricerca interiore per rispondere ai molti quesiti esistenziali rimasti sospesi. Non è importante come lo farà o quali strumenti userà, ma la sua attenzione verrà attirata dalla dimensione interiore. La terza fase di vita stimola e fa emergere una nuova sensibilità, fino a produrre una propensione naturale all’introversione dell’attenzione. Si risveglia una curiosità naturale e un forte intesse per la dimensione interiore, in qualsiasi modo la si possa intendere o chiamare. È una questione di cambiamento di stato che appartiene alla condizione umana più matura e realizzata, diremo meno inquieta, rancorosa o dominata dai rimpianti. L’introversione naturale dell’attenzione e della curiosità nella terza età non è in nessun modo collegata alla personalità, all’intelligenza, al carattere, al ruolo o allo status sociale. È una questione di maturità evolutiva che è molto difficile individuare nella fase attiva della persona, perché rimane sotterranea e silente rispetto ai connotati tipici, forti e identificativi dell’età evolutiva attiva.
Quello che succede in sintesi è un cambiamento graduale ma inesorabile dell’orientamento dell’attenzione e della passione, fino ad allora investiti per afferrare la vita e per costruire la propria vita. È un cambiamento epocale, come nell’adolescenza quando una bambina diventa una donna e un bambino un uomo.
La difficoltà del processo della terza età rispetto all’evidenza dell’adolescenza, sta nel fatto che è molto lento e graduale diremo quasi impercettibile-invisibile ed è, se la persona è in buona salute, principalmente nella dimensione più intima o interna, la meno visibile: quella dell’individualità consapevole.
L’individualità consapevole, ovvero il senso di sé che sa di essere, allenta la presa sulla realtà circostante, prima della personalità che porta con sé il suo enorme bagaglio di informazioni .
L’individuo inizia a lasciare andare le cose per orientarsi verso qualcos’altro, che appare ancora ignoto. Contemporaneamente questo processo è contrastato dalla personalità, che invece crea attaccamento alla vita, a tutto ciò che conosce, e aborrisce fortemente l’ignoto.
Sembra che sia l’individualità consapevole ad orientare l’attenzione e ad afferrare la realtà con la curiosità interessata, trasferendo su di essa il senso e il valore.
Sembra che la personalità strutturata sia invece preposta a creare attaccamento o radicamento, nel senso positivo della parola, per un individuo nella suo contesto esistenziale.
Evolutivamente parlando si tratta di una accoppiata geniale: l’individualità consapevole è il seme, e la struttura della personalità sono le radici. Ciò che appare, il tipo di pianta, di fiori e di frutti sarà ciò che la vita di ognuno è chiamata a costruire.
Non è un caso che ogni individuo-persona sia diverso da ogni altro e sia differente la vita che ognuno costruisce. Una conferma di tale impianto la possiamo intravedere dal fatto che anche i gemelli monozigoti, per quanto siano identici, diventano due individui differenti e raccontano storie diverse nella loro esplorazione esistenziale.
Ovviamente è più complesso di così, semplicemente perché interagiamo di continuo con gli altri, una super-inter-mega relazione che impedisce di definirne i confini di ciò che è mio o tuo a livello tanto familiare quanto di Umanità.
Districarsi tra la crescente mancata presa sulla realtà esistenziale e l’attaccamento verso la stessa, è il nodo evolutivo che ogni individuo incontra attraversando la terza età che va, ricordiamolo, approssimativamente dai 50 ai 75 anni di età.
Se la persona non attraversa correttamente questo delicato passaggio evolutivo, si addentra nella crisi tipica di questa età. Ogni persona reagisce e risponde in modo diverso davanti a questo spartiacque esistenziale, soprattutto perché la strada è sbarrata da una barricata eretta dagli irrisolti che complica tale processo.
Sembra che una parte delle persone risponda a questa crisi, che disorienta il perché e il come vivere nella terza età, semplicemente ignorandola e reprimendola, occupandosi di sopravvivere momento per momento, perché è quella l’urgenza o la priorità evolutiva.
Una parte delle persone non ha difficolta di sopravvivenza per cui affronta in modo diverso questo nodo interiore.
Alcuni, non avendo nuovi strumenti, tentano di ritornare sui vecchi modelli che hanno funzionato in passato. Purtroppo gli scopi, i fini e i desideri del passato, utili per dare senso, valore e presa nell’afferrare la vita, non sono più in grado di farlo. Si scopre con l’età che avanza che i fini e i desideri della vita attiva sono come l’acqua che è passata sotto i ponti e non torna più. Non solo i fini e i desideri sono diversi, ma anche la persona non è più la stessa. Urge allora nella terza età ri-orientare la propria persona per ritrovare nuove sfide capaci di ridare il pieno senso e valore alla propria vita.
La persona nella terza età è alla ricerca di questo nuovo orientamento, adatto alla sua nuova fase di vita. Ogni persona che attraversa il traguardo della terza età dovrebbe scoprire le sue nuove sfide, capaci di accenderla di nuova energia e di dare nuovo senso e valore nella direzione intrapresa.
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